Ritratto di Luigi

Luigi schiude appena le labbra quando parla. Come se le parole volesse proporle con una misura, una prudenza. Come se avesse sempre necessità di sincerarsi sul passo successivo, in una timidezza preventiva. Non invadono le parole di Luigi, eppure accolgono mentre racconta di un’esperienza incredibile rispetto alla quale, in qualche modo, la sua pacatezza stride. Ma lui lo sa che sta parlando di qualcosa di molto, molto difficile. Lo sa che negli occhi di chi lo ascolta fiorisce spesso lo scetticismo, ma anche la più forte e insopprimibile delle curiosità.
Luigi Ronzulli oggi lavora in ospedale, fa l’infermiere in un reparto di rianimazione pediatrica. Io non saprei immaginare un ambiente di lavoro più difficile. Mi chiedo se sia tra quelle corsie che ha imparato a misurarsi così tanto.
Lo intervisto: ricorda nitidamente ciò che ha vissuto, a quindici anni, dopo l’incidente. “Come un vino che a berlo non ci puoi credere quanto è buono”: è inebriante la luce divina di cui racconta nella certezza di non avere portato a casa, nonostante un salto nell’aldilà, tutte le risposte del mondo. Non basta assaggiare Dio: bisogna praticarlo attraverso l’amore. E questo lo si può fare in questa vita e la sua è una vita di dono di sé agli altri. Da sempre, praticamente: da quando con un gruppo di volontari specializzati offriva una via di uscita alle ragazze di strada, vittime di una tratta che su Torino era più feroce che mai. Fino all’impegno di oggi: un tetto per uomini e donne in difficoltà economica e abitativa. Un tetto che anno dopo anno, casa dopo casa, sta diventando sempre più ampio. Come nel caso, per citarne solo uno, della Cascina Solidale Marchesa, a Fiano Torinese: un posto dove stare non solo al sicuro, ma anche in cui trovare una nuova e più fiduciosa visione di sé attraverso la condivisione delle fatiche e della gioia della terra, fra orti e frutteti che profumano di speranza.

L’intervista a Luigi Ronzulli si trova qui: