Ritratto di Marco
Caro Marco,
adesso ti racconto e ricordo un po’ io, vuoi? Posso? Credo che mi avresti dato il tuo permesso, sì. Ci ho messo un po’ a prendere parola. Mi hai lasciata ammutolita, a guardare e riguardare i nostri ultimi scambi su WhatsApp e non voler credere che quella scritta – Marco ‘online’ – potesse non apparire più.
Quando penso a te, i primi ricordi vanno ai chiostri dell’università, che attraversavamo insieme, ai corridoi del primo piano, intorno all’aula magna. Penso al tuo passo cadenzato, ai tuoi modi gentili e alla generosità con cui aiutavi sempre tutti. Su tutto, risalta nella mia memoria il tuo garbo, la tua misura, il tuo pudore e il tuo buon senso. Ti avevo regalato una sciarpa verde, un anno, a Natale. Tu la portavi volentieri perché dicevi che era molto morbida e io che richiamava il colore dei tuoi occhi, che così risaltavano e allora si notava ancora di più la tua somiglianza con quel giornalista della TV, quello bello, come si chiama? Tiberio Timperi. Mi hai aiutata molto, prima con gli esami, e poi con la scrittura. Hai letto le mie pagine, mi hai spesso consigliato, con pazienza, dedizione. Mi hai ascoltata tanto. E non c’è nulla di più prezioso quanto ascoltare le persone a cui teniamo. Quando mi sono laureata hai festeggiato con me e mi hai regalato una pianta di limoni perché sapevi che sognavo di avere un giorno un giardino pieno di alberi da frutto. Su tutto, eri un porto sicuro, un amico che ritrovavo sempre, e bastava un come va per raccontarsi le ultime cose, i progetti, le piccole grandi cose della vita. Ho ascoltato con stupore l’odissea del tuo trapianto, ho compreso la riconoscenza che avevi per i medici che ti avevano dato una seconda chance e per il donatore generoso che non avresti mai smesso di ringraziare, di cuore… e di polmoni, come scherzosamente dicevi tu. Non hai mai perso il buonumore, l’ironia – persino – e sei sempre stato capace di apprezzare anche il più piccolo dono della vita fino all’ultimo giorno. Tutti ti descrivono oggi come un uomo gentile, mite, pronto a lanciarsi in progetti capaci di aggregare e creare scambi veri, umani. Ricordo la tua passione per il cinema, la letteratura. Sei stato uno studente eccellente, un insegnante serio, un appassionato bibliotecario. Mi mancherai tantissimo. Negli ultimi giorni mi avevi proposto di scrivere insieme un libro di micro racconti per aiutare le persone in una situazione di tensione con brevi testi, abbinati a immagini rilassanti. Io ti dicevo che forse questi brani avrebbero finito per pretendere di essere terapeutici, e io non sono un dottore, né una psicologa. Però tu mi avevi incoraggiata ugualmente e avevo iniziato a scrivere qualcosa per te. Mi avevi detto che quelle poche righe ti avevano portato lontano in quelle che sarebbero poi state le tue ultime ore e io sono stata felice di aver provato ad aiutarti, anche se il mio tentativo è stato soltanto una goccia nel mare. Allora te lo rileggo quel passaggio che ti era piaciuto tanto, magari potrebbe essere in futuro utile anche ad altri, come volevi tu, che agli altri provavi sempre ad andare incontro.
Tu pensi al mare e ti viene in mente il blu. Pensi al cielo ed è subito azzurro. Allora non può non arrivare lui, il sole. Ed è giallo. Oro, magari. Ma te lo aspetteresti il rosa? E invece a volte arriva anche lui, il rosa, a striare il cielo di dolcezza. C’è il viso della Madonna in certi tramonti, e poi pure in certe albe. Basta chiudere gli occhi per un attimo, e i colori ti possono avvolgere, morbidi, liquidi, pieni di aria e incanto. Perché il segreto di ogni colore è solo uno, ed è la luce. Dal blu al rosa c’è un grande passaggio di luce. Grandi manti, e poi nastri di raso, intorno alle tue spalle. Senti come la luce gioca a nascondino con te? Appena ti giri, ti strizza l’occhio. E da blu è diventata rosa. Attento, non distrarti con altri pensieri: sta per succedere ancora!