Lo abbiamo chiesto ad Elisa Origi, autrice del “comfort book” Partorire, Porca Miseria! (Hygeia Press), che nel libro ha voluto provare a parlare di parto in maniera alternativa e lontana dalla retorica, restituendo di quest’esperienza un volto realistico e con l’obiettivo di dire alle donne tutto quello che non mi si è sentita dire lei e che invece avrebbe fatto una positiva differenza.
Il volume è accompagnato dall’introduzione della dottoressa Elena Bacchiega, ostetrica di lunga esperienza. Inoltre, in appendice ci sono dieci storie di donne che hanno vissuto la gravidanza e il parto con approcci e prospettive molto diverse tra loro.
Elisa Origi spiega che l’idea di scrivere il libro Partorire Porca Miseria! nasce dal desiderio di mettere la sua passione per la scrittura al servizio delle persone che si trovano in un momento delicato della vita, non solo attraverso la narrativa, quindi, ma anche nella saggistica.
«Avevo fatto un’esperienza importante, quella di diventare mamma e mi era sembrato che tante cose che avrei dovuto sapere mi fossero state chiare troppo tardi; forse perché nessuno me le aveva spiegate.
Cercando quindi di offrire ai lettori un viaggio attraverso le emozioni del parto, ho provato a tracciare una rotta, attingendo soltanto dalla mia esperienza e dal mio modo di metterla su carta, senza nessuna pretesa esaustiva, e tanto meno scientifica, visto che io non sono né un medico, né uno psicologo (ma forse, proprio per questo, ho potuto permettermi la libertà di dire le cose in modo più diretto, crudo, se vogliamo)», afferma l’autrice.
«Il dolore del parto, troppo spesso, è sminuito, considerato un passaggio inevitabile, al quale sono sopravvissute più o meno tutte. Invece, i metodi per ridurre il grande dolore fisico che siamo costrette a vivere, ci sono: non sta a me indicare quale sia il migliore (anche perché non esiste una soluzione univoca per tutte), ma ciò che raccomando a ogni donna è di avere consapevolezza sulle possibilità di farsi aiutare a non trasformare l’esperienza del parto in un incubo, perché a volte è questo che succede.
Provare dolore non ci rende madri più affettuose nei confronti del nostro bambino e chi ricorre all’epidurale, se è nelle condizioni fisiche per farlo e se ha la fortuna di poter partorire in un ospedale attrezzato per somministrarla, non “bara”», chiarisce Elisa.
«Con consapevolezza. Evitando di ascoltare chi dice frasi tipo: “Ma sì, che sarà mai, le donne partoriscono da che mondo è mondo”. Partorire non è affatto banale, è una grande prova di coraggio dalla quale dobbiamo essere orgogliose di essere passate.
Bisogna informarsi, visitare la sala parto dopo il settimo mese, non affrontare la questione affrettatamente, con pregiudizi o con i criteri scelti da altri. Direi alle donne: siate le miglior alleate di voi stesse, la gravidanza fa nascere non solo un bambino, ma anche una mamma. E le mamme sono chiamate a dare amore, anche e prima di tutto a se stesse».
«Certamente occorre non farsi travolgere dalle emozioni che ci rotolano nella testa… e poi nella pancia per tutti quei mesi! All’inizio è difficile anche solo trovare la concentrazione per affrontare il resto della vita che deve andare avanti, mentre noi vivremmo unicamente nella lieta novella e non vorremmo pensare ad altro che al bambino che avremo e alla vita che sarà!
Occorre appoggiarsi lievi sulle emozioni, ma accoglierle con gioia e positività, anche quando vediamo qualche nube all’orizzonte. Senza esagerare, direi che è bene documentarsi e affidarsi alle cure di chi ci fa sentire accolte», sostiene la scrittrice.
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«Fa male: partorire è doloroso. Non si dice per spaventare, si dice per dire la verità. Alle donne e agli uomini. Il primo consiglio è la consapevolezza».
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«La motivazione che ci spinge ad affrontare il parto, ovvero l’amore, può donare una grande energia. Questo non significa che dobbiamo pensare di affidarci solo alla voglia che abbiamo di stringere il nostro bambino, finendo per minimizzare la situazione che ci si trova a vivere in sala travaglio. Il secondo consiglio è dunque prepararsi, attraverso le strade che si ritengono più opportune».
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«Abbiamo diritto a vivere un’esperienza del parto serena: «combattete contro sorrisetti, moniti e consigli non richiesti».
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«Esigete competenza medica e sensibilità nelle figure mediche che vi attornieranno: una buona ostetrica, preparata, rassicurante, capace di contenere la vostra fatica vale tanto oro quanto pesa».
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«Condividete le vostre riflessioni con chi amate. Tra queste persone siateci anche voi!».
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«Informatevi sulla depressione post partum: può assumere forme molte assortite e può lambire il cuore di tutte le mamme, anche di quelle che hanno tanto desiderato la propria gravidanza».
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«Per nove mesi, non saremo sole: il parto ci riconsegnerà a noi. Questo può farci sentire di nuovo responsabili soltanto di noi stesse. Un po’ si tira fiato, un po’ ci si trova a combattere contro la solitudine. Dedicate un pensiero a questo aspetto».
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«Parlate con il vostro compagno di che cosa significhi per lui assistervi nel parto: non siete obbligati a fare quello che fanno tutti e potrebbero emergere aspetti e motivi di ipersensibilità cui non avreste mai pensato. Non siamo tutti uguali!».
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«Ascoltate tutti, ma la decisione finale sia la vostra: siamo noi le mamme, cavolo!».
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«La pelle del pancione appare tutta raggrinzita e molle appena dopo il parto: non spaventatevi, poi torna a posto. Sarà banale, o forse era intuibile, ma a me non l’aveva detto nessuno e io non ci avevo pensato: così guardare quel che rimaneva del mio bellissimo pancione un po’ male mi aveva fatto rimanere».
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