Crostata tutticuori
Ed ecco la crostata “Bambina mia”. Non contano gli ingredienti, nelle loro dosi, non conta il procedimento, con i suoi trucchi; conta quella voglia di mettere cuori, ovunque. Per lei.
Ed ecco la crostata “Bambina mia”. Non contano gli ingredienti, nelle loro dosi, non conta il procedimento, con i suoi trucchi; conta quella voglia di mettere cuori, ovunque. Per lei.
Esco sul balcone, nell’aria un odore di vivo e di carne arrosto, di noce moscata e di qualche altra spezia che non so riconoscere. Odore di un ripieno umido di ravioli che ci si mette a fare soltanto a Natale. Una malinconia che non desidero.
Una torta per meditare sulla gioia del pancione
Quando scopri di essere incinta, sapere di avere un bambino nella pancia, che giorno per giorno ti crescerà dentro fino a regalare la rotondità che tutti conosciamo, non è l’unica cosa che può capitare! Sì, perché come ho avuto modo di argomentare nel mio ultimo libro (“Partorire, porca miseria!” – edito da Hygeia Press e in vendita in tutti gli store online) la gravidanza non comporta soltanto la nascita di un figlio… ma anche di una mamma! Così una donna, che diventa prima una gestante, e poi un genitore, si trasforma in una persona diversa da prima, scoprendo una nuova forma di amore, non solo per il nascituro, ma anche per se stessa. Che ci crediate o meno, quell’amore (come spesso accade) passa anche dalla cucina. Allora pensare di alimentarsi correttamente per giovare al piccolo si traduce in una dolce conseguenza: il rafforzo dell’affetto per se stesse! Ce ne si accorge ogni volta che facciamo la spesa e riempiamo il carrello di verdura, ogni volta che per merenda scegliamo la frutta al posto di uno snack ipercalorico e ogni volta che ci ricordiamo di come cucinava la nostra nonna per creare piatti sani e – magia – al tempo stesso gustosi.
Quella che vorrei proporvi oggi è una torta “meditativa”, una ricetta a cui potrete dedicarvi miscelando ingredienti leggeri e capaci di regalarvi una morbidezza unica. No, non si tratta di una proposta gluten free, direi piuttosto di una formula… full of love! Le fette di questo impasto vi coinvolgeranno in un valzer fatto di un intenso profumo di limone e di vaniglia, nella luce di un giallo solare, sprizzante di vitalità. Insomma, un dolce che rispecchia (e può far rivivere alle più nostalgiche) la gioia di sentire la vita che cresce e il sorriso che si ridisegna sulle nostre labbra.
Vorrei dirvi un’ultima cosa sugli ingredienti apparentemente alternativi di questa proposta: il segreto sta nel non relegarli nel mondo delle intolleranze (ah, che parola spinosa!) alimentari, ma di provare a scoprirli e ad apprezzarne le peculiarità, capaci come sono di donare friabilità e gusti nuovi al vostro palato.
Ah, se vi siete domandati il perché di quel titolo così bizzarro (“Partorire, porca miseria!”) per una argomento tanto delicato e complesso, il motivo è presto detto: quando è toccata a me (e mi è successo per ben due volte) ho capito che molte informazioni che sarebbe stato utile sapere, non mi erano state date, o mi erano state trasmesse con troppa superficialità. Per questo ho deciso di voler donare ad altre donne due cose: una brutale sincerità e l’invito a sentirsi uniche e a scegliere con consapevolezza e serenità la propria via al parto. Ecco perché si tratta di un comfort book! Se volete dirmi la vostra, mi trovate su Facebook!
Ingredienti
°2 uova °400 g di farina di riso (o di mais) °200 g di fecola di patate °200 g zucchero °200 g di latte di kamut (o di mandorle) °100 di olio di arachidi (o di semi vari) °1 bustina di lievito vanigliato °scorza di limone bio grattugiato °1 pizzico di sale °zucchero a velo
Procedimento
Montate le uova intere con lo zucchero fino a ottenerne quella stupefacente spuma dorata che tutti conosciamo! Unite lentamente (lentamente è spesso un buon consiglio!) la farina, creando un impasto piuttosto denso (a questo punto, vi verrà voglia di infilarci dentro l’indice e di ciucciarlo: fatelo!). Aggiungete il latte e il vostro olio preferito tra quelli proposti. È quindi il turno del lievito e della scorza di limone grattugiata (ma quell’odore di agrume per casa non mette anche a voi una grande allegria?). Versate il tutto in uno stampo (vi consiglio un diametro di 22 o di 24 centimetri), livellando bene. Infornate in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti. Il metodo di verificare l’effettiva cottura con lo stecchino di legno immagino lo conosciate un po’ tutti! Se cucinate d’inverno, potrete lasciare aperto lo sportello del forno: anche quell’aroma ha la capacità di nutrire l’anima, che siate incinte o no. Se lo desiderate, potrete farcire con della crema pasticcera o cospargere la torta con un po’ di poesia (parlavo dello zucchero a velo, naturalmente!).
Comfort Cookies
Biscotti alla camomilla
Ed ecco come preparare tanti buoni biscotti alla camomilla: un’idea tenera, vero? Si tratta di biscotti davvero coccolosi, perfetti per chiudere una giornata difficile!
Se la vostra intenzione è quella di regalarli, per fare un gran figurone dovrete cucinarli il giorno prima. Questo vale per quasi tutti i biscotti, che in questo modo acquisteranno più carattere. Insomma, pare che anche i biscotti debbano… frollare!
Ingredienti:
°150 g di farina doppio zero °100 g di farina integrale °100 g di zucchero grezzo °125 g di burro °1 uovo e un tuorlo (qualità pasta gialla) °3 bustine di camomilla °1 limone °1 cucchiaino di lievito vanigliato °1 cucchiaio di miele °1 pizzico di sale
Procedimento:
Preparate un’abbondante camomilla con almeno tre filtri, quindi aggiungete un cucchiaino di succo di limone. Dolcificate con del buon miele.
Adesso, via alla pioggia di farina: un etto e mezzo di farina doppio zero e un etto di farina integrale. Al centro della vostra piramide, tanti cubetti di ottimo burro. A questo punto, aggiungiamo lo zucchero, un pizzico di lievito vanigliato, un altro di sale e le uova. Amalgamate il tutto con le dita aggiungendo un poco alla volta la vostra camomilla non più calda per ottenere una bella palla gioiosa da rivestire di pellicola e da far riposare in frigorifero per una buona mezz’oretta.
La pasta frolla un po’ graffia. L’avete mai notato? La colpa è dello zucchero che non si scioglie, lo zucchero che non deve fondersi con il resto, chiamato a restare così, in forma di granelli, luccicando in mille cristalli che tempestano la superficie del nostro bottino; come la neve, sotto la luce dei lampioni, d’inverno.
E ora… fuori gli stampini! Tagliate i vostri biscotti e cospargeteli in superficie di camomilla setacciata.
Cuocete per un quarto d’ora a 180°. Sfornate, lasciate raffreddare e cominciate e nutrire la vostra anima con il soave profumo che si sarà sparso ovunque.
Quanti di voi lasciano aperto il forno affinché si diffonda tepore e aroma? Tanti, lo so.
E i biscotti alla camomilla come vi sono venuti? A chi avete donato letizia? Me lo raccontate condividendo le foto dei vostri piccoli grandi capolavori sulla mia pagina Facebook? 🙂
Profumo di Puglia
Aveva soltanto undici anni quando la famiglia di mia madre si è trasferita a Milano. La bellezza della Puglia, nei primi ricordi, mi è arrivata attraverso gli inconfondibili profumi della sua cucina. La glassa, il finocchietto e il vino bianco dei taralli, i pomodori ad arrossare le focacce, le verdure a invadere di salute la pasta in forma d’orecchiette (per l’eterno dilemma: broccoli o cime di rapa?). E poi l’olio al posto al burro, come nelle scarcelle, uno dei più tipici dolci pasquali pugliesi, realizzate amalgamando una pasta unica nella quale intrappolare, in bella vista, un uovo con tutto il suo guscio.
Ingredienti:
300 g di farina 00, 110 g di zucchero, 1 uovo e 1 tuorlo, mezza bustina di lievito vanigliato, 75 ml di olio extra vergine di oliva, 75 ml di latte fresco intero, scorza grattugiata di limone naturale, uova sode da intrecciare nella forma del dolce.
Procedimento:
Versate nella fontana di farina setacciata lo zucchero, il lievito, la scorza del limone e l’olio. Iniziate a impastare e poi aggiungete l’uovo, il tuorlo e il latte. Lavorate fino a ottenere una bella palla liscia, elastica e profumata. A questo punto, potete dare all’impasto la forma che più desiderate: un cestinello, una colomba, un coniglio, una ghirlanda: due laccetti incrociati di pasta dovranno trattenere una o più delle vostra uova sode. Sempre a piacere, potete cospargere con codette o corallini colorati. Noi preferiamo ottenere un bell’effetto lucido e spennellare il tutto con del tuorlo d’uovo sbattuto con un goccio di latte. Per far sì che il colore dorato del dolce risalti, vi consiglio di utilizzare uova con il guscio bianco. E buona Pasqua a tutte le lettrici e a tutti i lettori di Novella Cucina!
Oh, i film che giocano a imbrogliare lo spettatore e solo alla fine si capisce che qualcosa era stato semplicemente immaginato dalla mente del protagonista! Certo, a ritroso, metti insieme gli impercettibili indizi disseminati qui e là solo per onestà formale e quasi ti senti scema a non aver capito da subito il barbatrucco. Per carità, plausibilissimo che la mente di una donna in allattamento, privata del sonno e provata dalla presenza di altri figli per casa, nonché non supportata da un marito bamboccia, perda un filo il lume della ragione. Essere privati del sonno è una tortura cinese, ti stravolge nel carattere, ti incattivisce e poi diluisce subito dopo. Una tata notturna, che grande soluzione! Lo dicevo e mi sentivo ridere in faccia, un po’ come se stessi sognando una villa a Malibu. Un’estranea nell’intimità della tua casa, a crescere un figlio tuo? Ce l’hanno fatta tutti, perché non ce la fai anche tu? Solo che alcuni bambini dormono più di altri, piccolo particolare che ti può portare all’inferno, specie se infili due maternità identiche in questo dettaglio per un totale di 7 anni.
Ma scusate, mi son fatta prendere, questo doveva essere un post di non critica cinematografica. Beh, punto per il film se mi ha smosso certi vissuti e portato a dire che sì, è esattamente così che ci sente in quei momenti, pur con tutto il bene del mondo che puoi volere a una creatura che è appena uscita dalla tua pancia. Non ingrasserei per ragioni di lavoro di 24 chili neanche per tutto l’oro del mondo. Io che lotto con qualche chilo di troppo, ma che sono ben lontani dall’essere 24 chili di troppo, tributo onore e lustro a questa attrice il cui cinema è tutto su quel corpo ingrossato a suon di mangiate programmate per reggere la parte di una donna su cui finisce per poggiare tanto, troppo peso. Nella foto dell’attrice post realizzazione del film, come si diventa poi: dormendo, finalmente.
La pasta frolla un po’ graffia. L’avete mai notato? Tu la lavori poco, con le dita, te l’hanno raccomandato sin da piccola: non impastare per molto tempo gli ingredienti, perché il burro si scioglie e lega insieme tutto quanto, il tuorlo e la farina, l’albume con la scorza grattugiata del limone. Lo zucchero.
Eccolo, lui, proprio lui, sì: lo zucchero che non si scioglie, lo zucchero che non deve fondersi con il resto, chiamato a restare così, in forma di granelli, luccicando in mille cristalli che tempestano la superficie del nostro bottino; come la neve, sotto la luce dei lampioni, d’inverno.
Allora tu non maneggi troppo quella piccola palla color oro e sfreghi le dita, le une contro le altre, per liberarti almeno dei pezzi più grossi di impasto, affinché non se ne sciupi una quantità troppo importante, finendo sotto il getto dell’acqua calda.
Avete mai provato a lavarvi le mani dopo aver lavorato gli ingredienti della pasta frolla? Avete saggiato quale piccolo miracolo riesca a compiere il burro, pura morbidezza sulle vostre mani, dopo i minuti, puntuti urti dei granelli di zucchero?
Ma soprattutto, la pasta frolla profuma! Odora di vaniglia e di letizia, promette la festa. Voluttuosa, si lascia prendere a pizzicotti: chi non ne ha mai divorata una buona parte ancora cruda?
Infine, la pasta frolla si lascia far tonda, una forma che assicura sempre un’intima soddisfazione a chi si mette a far dolci.
La ricetta delle cose che escono col buco
350 g di farina, 90 g di burro, 2 uova, una bustina di lievito, 180 g di latte, 200 g di zucchero, 4 cucchiai di cacao e una presina di sale. Facile, no?
Incarta un’oliva nella pasta sfoglia. Strizza ai lati, inforna. Sorridi.
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Eddai: sulla pizza si mette l’origano, non il basilico!
Il putiferio può continuare, se lo volete 🙂