Triste e lieve
Poi in estate si andava dalle Suore Canossiane, in via Trombini. Da loro c’era anche una scuola elementare e una media, ma soltanto femminile, e io pensavo ci fosse qualcosa di triste e al tempo stesso di lieve in questa mancanza di maschi. Le loro aule erano più curate rispetto alle classi statali e le bambine indossavano un bel grembiule bianco. A pensarci, sembravamo ben più austere noi, in quel sacco nero che io odiavo, odiavo, odiavo. Le stanze sapevano di pongo, e di pulito, e nel cortile interno al chiostro, tutto a sanpietrini, il tempo era scandito dai rintocchi di una piccola campana. Ci davano una brioche, per merenda, nei giorni della normalità, un gelato in quelli della festa e una fetta d’anguria per sparar semini ovunque nei pomeriggi della felicità. Si sudava sempre, d’estate, fuori, nei giochi a squadre, nei tornei combattuti fino all’ultima molecola. Ci si metteva in fila per aspettare un turno, una palla, un via e intanto i capelli, appiccicati, arruffati, sfuggivano a elastici e mollette. Mentre si correva, convinte di poter arrivare chissà dove, i bracciali ci scintillavano sui polsi. Erano di plastica, e pieni d’acqua, e sembrava una gran magia che dentro fossero riusciti a infilarci tutte quelle pagliuzze brillanti. C’era un gran distributore di coca cola e di aranciata percorrendo un lungo corridoio che iniziava non ricordo più dove; occorreva un gettone per quella piccola bottiglietta di vetro e ci volevano cinquecento lire per acquistarlo dalla suora, all’ingresso. Poi c’erano quegli archi, sempre nel chiostro, chiusi da vetrate colorate e adesso aperti, a dare respiro, ed eleganza, barattati forse con un po’ di pudore.
Stanno ristrutturando nel convento che più di trent’anni fa ospitava le suore e le bambine e il ruzzolare scomposto e perfetto della loro gioia. Guardo i lavori in corso, apprezzo la volontà di rinnovare spazi e risorse dotate di storia. Poi la malinconia mi sguscia fuori un po’ a tradimento e io non riesco a trattenerla.