Sarà che

E quando mi dicono “io Dio lo sento, semplicemente”, penso a quanto possano essere forti le proiezioni della parte più vera di noi, l’aspirazione all’eterno, la profondità interiore. Ma in tutta questa poesia, non posso scorgervi nulla di divino, nulla se non di umano. Sarà che Dio va intuito, più che capito. Sarà che il pensiero di essere sola in questo sconfinato universo mi atterrisce e tarpa le ali di una fantasia che vorrebbe staccarsi da una logica asfittica e pedante. Sarà che non riesco a tralasciare il fatto che parlare con Dio fa bene perché ci obbliga a parlare con noi stessi. E questo ci allinea con spinte e frustrazioni. Ci fa più onesti e in pace. Ed è appagante sentire di avere una propria voce pur fra innumerevoli stelle.

L’amore è quella cosa in cui

L’amore è quella cosa in cui e per cui ci si spaparanza.

Il cordino

Che cosa c’è attaccato al vostro cordino?

Come faremo?

Come faremo? Come faremo a tornare alla vita di sempre? Eccoci, gonfi di quei respiri presi tra lo scintillare del sole negli alberi e le carezze del vento sulla pelle. Proviamo a rientrare nella normalità dei giorni. Fingendo che ci basti l’aver cercato di cogliere i messaggi nascosti nelle pieghe delle ore.

Un cappello pieno di ciliegie

Mi sono resa conto di quanto sia diventato impossibile parlare di Oriana Fallaci senza finire nel vortice di una qualche polemica. La Fallaci giudicata razzista, che osteggiava gli omosessuali e che amava la guerra perché “le ricordava quando era giovane e bella”. Posto che continuerò a domandarmi per sempre quale sia il confine tra essere intolleranti ed essere buonisti e sordi nei confronti di una cultura portatrice di grandi sfide, posto che Oriana Fallaci rimane per me una degli intellettuali che più ha capito le difficoltà dell’appartenere all’uno o all’altro sesso e che non aveva nessun pregiudizio nei confronti degli omosessuali, salvo non essere d’accordo con il fatto che questi ultimi potessero essere genitori (forse l’unica parte del suo pensiero che ho trovato rigido) – e chi l’ha letta davvero lo sa – posto che nessuno ha raccontato l’orrore ma anche, e soprattutto, l’inevitabilità della guerra per il genere umano, resto profondamente riconoscente verso questa donna. Attraverso la sua penna mi ha insegnato quanto possa essere faticoso praticare la coerenza, la perseveranza, l’onestà della coscienza. Penso a un libro come “Un uomo” che non parlava (principalmente) di guerra, ma di quanto non sia esente dal dolore la vita, anche quando baciata dall’amore, se la si vuole vivere con impegno e lealtà verso la propria natura e i propri ideali. E penso a un libro come “Se il sole muore”, che non parlava affatto di guerra ma di quanto gli esseri umani, anche quando proiettati verso l’ideale di un futuro salvifico, non possano sfuggire alla limitatezza di un’umanità che sarà davvero arduo far evolvere. Infine penso che in lei ho avuto la mia più grande maestra di scrittura, con il suo periodare semplice e sferzante, con il suo modo di trasmetterti emozioni senza cedere al carezzevole, ma martellandotele ben bene nella pancia. Sfuggire era impossibile davanti alle sue pagine: lei ti avrebbe aperto le palpebre, in un modo o nell’altro. E a quanti avrebbero fatto spalluccia o avrebbero ragliato accuse pescando dai luoghi comuni, sono certa non avrebbe esitato a sputarci dentro, alle loro palpebre. Senza temere di esser poco garbata. Che il garbo, qualche volta, specie noi donne, dovremmo lasciarlo in un cassetto. Che certe battaglie non si fanno a colpi di gentilezza. Che combattere lascia cicatrici.

Non lo so. Se tornare in un posto dopo trent’anni e trovarlo identico mi trasmette più nostalgia, conforto o inquietudine. Se constatare che le cose possono restare immutate per molto tempo è bene o se percepirne lo sviluppo è meglio. Ci si appoggia alle rocce, è vero. Ma un paesaggio che cambia è una situazione che ti dà sempre nuove chance. Bellaria 2016… o 1986?

Schiettezza

Ho provato a migliorare questa foto con molti filtri, ma l’originale è rimasta sempre la migliore. La Romagna è troppo schietta per accettare certi trucchi.

L’ultimo colore

Celeste sarà l’ultimo colore che incontreremo.

Tutto matura

Con il caldo ti sembra di non riuscire a pensare a cose nuove. E invece è tutto lì, apparentemente immobile, a lievitare, come il panetto d’inverno sotto lo straccio pulito, quello appena tirato fuori, profumato e stirato, dal cassetto della cucina.

Rosa

Ma i capelli devono essere per forza lunghi? E i vestiti tutti rosa? Magari, qualcuno, anche. Però vorrei che tu restassi sempre un po’ così, con i jeans di tuo fratello, le calzette con le righine, una maglietta bianca a cui solo tu puoi dare la tua forma.