Faceva freddo

Oggi sono tornata a camminare un po’ perché chi non cammina ingrassa, nell’anima prima che nel corpo. Faceva freddo per quanto andassi rapida; il cielo era di ghiaccio e di ferro. Non sono stata a pensare a una meta, solo alla strada che scorreva sotto le suole. Le vie, i negozi, pochi, che erano ancora quelli di un tempo, e i volti nuovi che senza pudore avevano preso il posto di una generazione passata. La scuola di quando ero bambina, l’atrio ovviamente più piccino di come lo ricordassi. Le piante, spaventosamente cresciute. La strada dove c’era un rudere e pare incredibile che ora ci svetti sopra un palazzo, con tutte le vite che adesso camminano sul vuoto che era, ammonticchiate, una sull’altra, in tanti appartamenti. I sacchi del pattume mai ritirati sulla ferrovia dove un tempo qualcuno abitava. E come faceva. Il viale dei tigli con i tigli, che erano minuti, e che ora arpionano il cielo con le loro braccia, nere, nodose. La scuola di quando ero più grande, in fondo un’altra prigione nella quale ho scontato tanta insopportabile giovinezza. Ci avete mai fatto caso a quanto può essere pesante non sapere che ne sarà di noi e del destino che continuamente, pedantemente, ci pungolavano a costruire? Poi ha preso a piovigginare, sottile, così sottile che non pareva pioggia, ma un cielo che si abbassava per lambirti la testa, bagnarti le spalle. La chiesa sempre chiusa era aperta, un cartello recitava gli orari della messa domenicale. Allora sempre chiusa non è, mi son detta respirando a forza il buio pesante di incenso della navata. Davvero ho una casa in cui tornare? Ho pensato. Calda, colorata? Un tè, un tè con fette biscottate e burro salato e marmellata di pesche, ecco ciò che prenderò. Sentirò il profumo del limone e quello asciutto dello zucchero bianco. Faceva freddo, oggi.